Enric Miralles (Bercelona 1955- Sant Feliu de Codines 2000).
“ Mi è difficile presentare la mia opera come se qualcuno la
stesse aspettando, come se fosse la
soluzione a qualcosa…..mi sento distante dal carattere persuasivo del discorso
delle avanguardie storiche.
Alla fine mi interessa di più il carattere riflessivo, materiale dell’opera
costruita: la complessità del suo farsi.”
Inserire Miralles in un
linguaggio architettonico codificato è difficile, non si può considerare il suo
lavoro come l’applicazione di uno “stile”.
Tuttavia i riferimenti
alla corrente del decostruttivismo, voluti o attribuiti sembrano abbastanza
evidenti, ma a mio parere, egli ne usa gli strumenti , gli elementi, e li
arricchisce , li contamina con altri linguaggi e frammenti che gli derivano dalla sua storia personale,
dalle influenze degli architetti catalani piu’ famosi, li arricchisce
soprattutto ad ogni progetto di tracce e segni che prende dai luoghi dove lavora, tracce di vita di spazio e tempo.
Miralles ai suoi allievi
faceva montare e smontare la sedia Thonet n. 41,in questa vecchia sedia egli
vedeva riuniti molti principi che ritroviamo nelle sue architetture: veniva
sfruttato al meglio il materiale ( legno curvato), era dimostrazione dell’importanza dell’aspetto
artigianale dell’architettura ,“ la
complessità del suo farsi”, in questo processo si racchiude molta parte
dell’opera dell’architetto, che appunto come lui ci tiene ad affermare non è un
“gesto” ma un “processo”.
Una delle parti più coinvolgenti
della personalità è la parte ideativa e rappresentativa delle sue architetture,
diverse le tecniche che usa: collage, frammento, montaggio, plastici, foto e
nei suoi disegni tutto è messo sullo stesso piano, non c’è un elemento
predominante tutto si lega a tutto, sembra quasi che la mano sia guidata da un
pensiero continuo, non armonico dissonante,e che non riesca a staccarsi dalla
carta.
Disegni complessi,
stratificati, che integrano piante e sezioni, ribaltamenti e sovrapposizioni e
della tavola entra a far parte tutto, si parte dal collage sul contesto, si
passa attraverso il plastico, e non si inserisce solo quello finale ma anche
tutte le prove e gli studi, per passare attraverso planimetrie, contesti,
edificio fino ad arrivare al dettaglio, nelle sue tavole Miralles e il suo
studio ci mostrano appunto il processo creativo e riflessivo.
Questo modo di operare e
costruire l’architettura diventa l’architettura stessa, le sue opere sono
infatti dei processi, molte si legano al
concetto di variazione: un elemento base che spostandosi nello spazio e
muovendosi crea spazi intorno a percorsi, linee
che legano insieme spazio movimento e soprattutto il tempo, che per Miralles
forse diventano i tempi, le storie, le
memorie, gli spazi, le tracce, realizzando architetture piene di vita, connessioni
e rimandi.
Il suo rapporto con il
contesto è particolare: lo studia lo osserva, ma non come un esaminatore
distaccato,egli entra in sin-tonia con i luoghi, e il suo legame è talmente
profondo che riesce a capire regole meccanismi, e a introdurre anche un aspetto
non secondario nelle sue architetture, quello del gioco e dell’ironia e in : gli elementi del contesto non sono solo
tracce, ma sono reinventati e la scelta
di quali riproporre o quali inserire nel processo di progettazione non è data solo dalla loro importanza storica,
ma soprattutto da un valore simbolico e mnemonico degli elementi stessi.
Il suo rapporto con i
luoghi lo dichiara egli stesso, nelle parole che descrivono alcuni suoi
progetti, che riporto di seguito, proprio a dimostrare come ogni sua architettura
crei queste linee spazio-tempo.
Circa la
ristrutturazione di casa sua “Ristrutturazione di un appartamento in calle
Mercaders,
Barcellona, Spagna 1997:
“È stato un lavoro di pulizia, di
avvicinamento e di scoperta dell’intensità d’uso della costruzione … Sempre gli
stessi muri, … gli stessi solai, usati e riusati dall’epoca gotica ad oggi ……
imparare a convivere con una struttura data, di seconda mano, come quando si
cerca nelle tasche di un vecchio cappotto e poi si depositano le cose trovate
su di una superficie piana pulita …. Questa casa funziona come una scacchiera
...
i pezzi si muovono ognuno secondo le proprie
regole …. Devono sempre ritornare al punto iniziale per poter ricominciare il
gioco …
In questo senso il solaio, sul quale gli
oggetti esistenti si vanno a collocare davanti alla finestre, … o le pitture
delle pareti che mettono a nudo i frammenti emersi, sono le regole del gioco
…Tra questi si muovono ordinatamente i tavoli, i libri, le sedie…
Sull’edificio del municipio,
Utrecht – Olanda, Concorso e cantiere 1997-2000:
“…. L’edificio sembra aver dimenticato i
suoi tesori e la sua origine …. Riscoprire il valore delle sale interne all’edificio
neoclassico, in particolare la sala medioevale….Tornare all’idea di un
municipio, un edificio pubblico,come un conglomerato di differenti costruzioni
urbane. Conservare il carattere monumentale del fronte sulla banchina del canale,
e promuovere una relazione più aperta e cordiale tra ilmunicipio e la nuova
piazza sul retro…”.
Nuova sede IUAV a Venezia,
1998:
“ La prima lezione che si impara lavorando
nei luoghi, di grande intensità storica, è una curiosa relatività temporale.
Uno non sa più a quale tempo fare riferimento. Comincia la ricerca di luoghi a
carattere atemporale , all’interno dei ricordi personali.
Una delle opere in cui l’architetto
è condotto a riflettere sul rapporto tra spazio e tempo, è proprio il cimtero
di Igualada, qui ogni elemento ha una doppia valenza funzionale ed espressiva, e lo scorrere del
tempo e il passaggio dell’uomo sono materializzati nelle tracce e negli
elementi della costruzione.
L’ingresso al cimitero è
caratterizzato da strutture in metallo che evocano le tre croci del calvario,
la strada di ingresso si svolge verso il basso, quasi a voler escludere il
resto del mondo, ci si infila in un solco dentro la terra. Giochi di luce all’interno
delle cappelle, tagli, ferite, passaggi, sguardi, tracce del tempo e di vita.
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