lunedì 18 gennaio 2016

LA MODERNITA’ COME MONTAGGIO DI FRAMMENTI DI PASSATO E PRESENTE


Parole chiave: rottura del continuum, montaggio, frammento, ri-composizione, complessita’.


"C'è un quadro di Klee che s'intitola 'Angelus Novus'. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, al bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta. "



Per Benjamin ogni rappresentazione del tempo-storia secondo una visione lineare è falsa: è falso, che la storia sia un processo continuo e uniforme nel tempo e  che tale processo sia accrescitivo e progressivo. Al nuovo  si deve essere spinti, invece, dalla visione del passato, fatto di " rovine su rovine "  di frammenti da ri-comporre, che esercitano in chi,(come l' Angelus Novus raffigurato in un acquerello di Paul Klee molto amato da Benjamin), sa voltarsi a guardarlo una spinta irresistibile verso un futuro diverso.

Il suo rapporto con la storia  è un rapporto dialettico, in cui emerge il concetto di rottura, ma anche quello di montaggio e ri-composizione, lo sguardo deve essere attento, ma non ossequioso, deve essere uno sguardo nuovo, che permetta di riflettere senza sottostare a gerarchie già configurate,  e che consenta attraverso associazioni nuove tra passato e presente la costruzione di un nuovo futuro.
Smarrita l’originaria unità, la nostra cultura contemporanea si ritrova oggi immersa  in una attualità fatta di frammenti ,dallo spazio della città,  all’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione e rappresentazione , abbiamo di fronte una realtà complessa che richiede la formulazione di nuovi metodi e  atteggiamenti e anche forse una reinvenzione di principi e valori, che però non rimangano immutabili e fissi, ma sappiano trasformarsi e rigenerarsi.

Di particolare interesse sono i tipi di testo che Benjamin usa per l’espressione della sua teoria, i suoi saggi e i suoi scritti  sono lontani da qualsiasi tentativo di un' opera sistematica, mantengono invece una caratteristica di “frammentarietà”: le sue opere sono un “montaggio” di idee, citazioni, che nel modo in cui si compongono o si accostano fanno emergere nuovi significati.
Il metodo ricorda quello delle avanguardie, non solo quello del montaggio cinematografico, ma anche pratiche come cadavre exquis, o l’assemblage, come afferma Argan (in G. C. Argan, L’arte moderna 1770/1970):

“Ciò che determina il valore estetico, dunque, non è più un procedimento tecnico, un lavoro, ma un puro atto mentale, una diversa attitudine nei confronti della realtà.”



In questo diverso atteggiamento nei confronti della realtà e della storia, si colloca a mio avviso  molta parte della produzione  architettonica contemporanea, che cerca un confronto diverso tra nuovo ed esistente, e quindi con la storia.
Prendo ad esempio , la mostra  “Innesti. Il nuovo come metamorfosi, curata da Cino Zucchi per il Padiglione Italia alla 14° Biennale di Architettura (Venezia 21014), in cui è stato affrontato il tema dell’architettura moderna e contemporanea nel confronto con l’esistente, mettendo insieme una serie di progetti sia recenti sia passati,  in maniera non lineare ma discontinua, avvicinando singoli episodi ed eventi progettuali, anche lontani nel tempo,che rimangono legati da relazioni inaspettate.
 “L’architettura italiana dalla prima guerra mondiale a oggi mostra una ‘modernità anomala’, rappresentata dalla grande capacità di interpretare e incorporare gli stati precedenti attraverso metamorfosi continue. Non adattamenti formali a posteriori del nuovo rispetto all’esistente, ma piuttosto ‘innesti’ capaci di trasfigurare le condizioni del contesto in una nuova configurazione…”




In questa trasfigurazione dei contesti  si colloca la nuova spinta verso il futuro che ci consente di riprogettare i nostri spazi e di trasformarli  continuamente in base alle nuove necessità, con un estrema libertà, e con gli atteggiamenti e i metodi più diversi, cambiando sempre le regole del gioco, e creando relazioni sempre più complesse di spazio e tempo, ma sicuramente caratterizzate  da una grande ricchezza.
Riporto a conclusione un frammento di E. Miralles.



1-il primo equivoco è che si possa parlare di nuovo e vecchio.
La forma costruita ha una relazione complessa con il tempo.
Forse abbiamo sperimentato nella nostra casa di Mercaders la sensazione di abitare -una altra volta- gli stessi luoghi,come se vivere un luogo non fosse altro che muoversi tra iltempo ed il luogo. Ciò che è arrivato sino a noi è utile, attuale,contemporaneo.
E permette di tornare indietro nel tempo per poi andare oltre.
2. Altro equivoco è vedere la demolizione come la sola possibilità di soluzione.Al contrario.
Usare e riusare. E’ come pensare e ripensare. E l’architettura non è altro che un modo di riflettere sulla realtà.…..”


 Bibliografia

G. C. Argan, L’arte moderna 1770/1970 Sansoni editore, Firenze, 1970
C. Zucchi, Innesti/grafting,Catalogo 14. Mostra Internazionale di Architettura, Marsilio editore,
                 Venezia 2015

El Croquis n°100-101


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